Bando Fiere

Apre il “Bando Fiere” della Regione Emilia-Romagna 2023, che finanzia fiere sia in Italia che all’estero.
Quest’anno ci sono due importanti novità:
1. La quota a fondo perduto sale a 25.000 euro e copre il 70% delle spese
2. L’invio non è un click day ma è a graduatoria.

L’apertura dello sportello d’invio è dal 16 marzo a 18 aprile

Per maggiori informazioni chiamaci 0544 1935217


Fondo Nuove Competenze

È stato prorogato il Fondo Nuove Competenze. Oltre 1 miliardo di fondi a livello italiano sono stati messi a disposizione per coprire i costi dei dipendenti fra il 60% ed il 100% durante i percorsi formativi. Robin fornisce formazione specializzata in cyber security, digital marketing, business intelligence, data analytics, e tantissimi temi 4.0

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Incredibile? No, solo “Marketing non Convenzionale”

Cosa ci fa una boccetta di smalto gigantesca sul marciapiedi del centro?

E quell’autobus stritolato da un pitone nel traffico dell’ora di punta? Se improvvisamente, mentre camminate tranquilli per le strade della vostra città, vi sbuca davanti un elemento nuovo, inatteso e piuttosto decontestualizzato, molto probabilmente siete in presenza di un’azione di Marketing non Convenzionale!

Questa espressione è stata coniata nel 2004 per definire un nuovo tipo di approccio al marketing: l’assunto era che dopo anni di pubblicità sui mass media l’attenzione del pubblico fosse irrimediabilmente scemata  e che bisognasse cercare modi nuovi, non convenzionali  appunto, per  tornare a suscitare interesse verso le aziende e i loro prodotti. Ne è nata una strategia pubblicitaria del tutto nuova, coinvolgente, spesso divertente e certamente molto più efficace delle strategie del passato, che viene declinata in molti modi e che viene usata moltissimo anche dagli attivisti per importanti cause sociali con ottimi risultati!

Di seguito una piccola carrellata di idee di marketing non convenzionale, che, con le dovute proporzioni, possono essere alla portata di tutti!

Guerrilla marketing: Alla fine degli anni novanta venne data notizia del ritrovamento, in una foresta del Maryland, di alcune registrazioni realizzate da quattro cineasti scomparsi nel 1994. La notizia si diffuse a macchia d’olio rimbalzando sui siti internet di mezzo mondo. Poco tempo dopo nelle sale cinematografiche uscì il film The Blair Witch Project. La notizia del ritrovamento risultò essere così una delle prime campagne di Guerrilla Marketing mai realizzate!

Gli strumenti del Guerrilla Marketing sono: pochi soldi e molta creatività per colpire l’immaginario del pubblico.

Ambient marketing: Il Colosseo ricostruito nella stazione Termini con le bottiglie di Heineken o il nastro trasportatore dei bagagli all’aeroporto di Venezia trasformato in una gigantesca roulette sono due esempi  di questa strategia che sfrutta gli spazi e le “installazioni” per veicolare messaggi, prodotti, suggestioni.

Fake marketing: Nel 2011 è stata lanciata su internet una campagna che promuoveva un fantomatico prodotto spray orale, Rednoze, che avrebbe aggirato il test dell’etilometro, dando dei falsi negativi. La campagna si auto-smascherava dopo alcuni passaggi dell’utente andando a sensibilizzare i consumatori di alcool sui pericoli dell’elusione e dei mancati controlli. Questo è un bell’esempio di fake marketing: una strategia di comunicazione che gioca su notizie false ma eclatanti per  suscitare l’interesse del pubblico e replicarsi viralmente.

Body marketing: Comprende tutte quelle tecniche, dal tatuaggio al body painting, dalla body art al piercing che utilizzate dalle aziende su personaggi famosi e non diffondono l’immagine del brand. Es: nel 2010 la Pepsi dipinse sui corpi dei calciatori più forti del mondo per veicolare i valori del marchio.

Street marketing: Se in stazione all’ora di punta vedete i viaggiatori trasformarsi improvvisamente in ballerini e cantanti e intonare a passo di danza “Singing in the rain”, molto probabilmente state assistendo ad una performance di Street Marketing. Questa strategia di promozione ricorre a luoghi ad alta concentrazione di pubblico, a performance dal vivo e ad un coinvolgimento diretto del pubblico per presentare prodotti, servizi, spettacoli o attirare l’attenzione su cause di pubblico interesse.

Stickering: Li avrete sicuramente notati in giro: tanti piccoli adesivi colorati appiccicati nei luoghi più disparati con il nome di un brand o di un’associazione. Si tratta della strategia dello stickering, oggi molto usata anche da artisti e attivisti.

Bagvertising: Per Bagvertising si intende la trasformazione delle shopping bag e delle normali buste della spesa in veicoli pubblicitari, personalizzandole e rendendole divertenti e sorprendenti.

T-shirt marketing: Questa strategia prevede  la personalizzazione delle t-shirt con l’immagine e il logo del brand, spesso uniti a frasi ad effetto.

Packaging marketing: La trasformazione della confezione di un prodotto fino a farla diventare un oggetto ludico, particolarmente bello, utile o da collezione.

VR marketing: Questa è sicuramente la soluzione più immediata per chiunque voglia offrire un’esperienza d’acquisto completa ad un target più ampio possibile. In questo caso, la realtà aumentata infatti va ad aggiungere elementi digitali al mondo reale. Per sfruttare queste tecnologie è sufficiente che il potenziale cliente abbia uno smartphone o un tablet e una connessione dati. Questo – va da sé – la rende estremamente trasversale e accessibile.


Intelligenza artificiale e SEO

La sfida dei SEO marketer vs intelligenza artificiale.

I content manager spesso faticano a tenere il passo con l’algoritmo di Google, la differenza tra vincere e perdere la partita della SEO è minima, e questo rende la search engine optimization una vera sfida.
Le persone si affidano ai motori di ricerca per trovare i contenuti che desiderano, e le pagine web che si posizionano ai primi posti nella SERP per una parola chiave possono rendere le aziende molto più competitive sul mercato.
Le principali sfide di SEO che i marketer dovranno affrontare nel 2023 sono inevitabilmente con i cambiamenti dell’algoritmo di Google e con l’intelligenza artificiale.

Google modifica il suo algoritmo di ricerca più volte all’anno, il che può influire sul traffico verso i siti. I cambiamenti di solito premiano i contenuti di qualità pertinenti alle keywords. Tuttavia, l’algoritmo valuta molte altre variabili, e gli specialisti faticano a tenere il passo con i cambiamenti.
“Nel 2022, abbiamo visto una diminuzione del 20% del traffico organico su tutti i nostri clienti, il che è un po’ preoccupante”, ha detto Gracie DeSantis, inbound marketing specialist di Vye. “È come se ci chiedessimo: ‘È colpa nostra o dei cambiamenti del famigerato algoritmo?’
I team di marketing non possono controllare il software di Google, ma possono gestire le risposte ai cambiamenti.
Recentemente, il guru del SEO Neil Patel, ha spiegato che gli algoritmi di Google favoriscono i marchi consolidati, e pertanto i marketer dovrebbero considerare la costruzione del marchio come una strategia di SEO.

Intelligenza Artificiale

Quasi ogni settore utilizza l’Intelligenza Artificiale in qualche modo e il marketing non fa eccezione. Anche se gli strumenti SEO alimentati dall’AI possono aiutare i marketer a trovare keywords vincenti, spesso faticano a produrre da soli contenuti credibili graditi da Google.
“Al momento è difficile far scrivere un intero articolo all’AI, perché la tecnologia non è ancora pronta”, ha detto Dale Bertrand, fondatore di Fire&Spark. “Siamo certi però che andrà nella direzione sbagliata”.
Nonostante la sua incapacità di scrivere post realistici, l’Intelligenza Artificiale può comunque aiutare i copy a creare contenuti. Ad esempio, può generare tag, titoli, sottotitoli e altri elementi SEO che i writer possono modificare, aggiungere e sviluppare.
“In passato, quando scrivevo un articolo, sceglievo una parola chiave, poi scrivevo l’articolo”, ha detto Bertrand. “Ora, lancio uno strumento come ChatGPT con una parola chiave e interagendo con lui, ottengo un contenuto completo. Dovrò solo fare qualche modifica ed il gioco è fatto”.

Contenuti di alta qualità e brand awareness. Gli strumenti di intelligenza artificiale possono aiutare a semplificare il processo di creazione di contenuti, ma i marketer devono indirizzarli nella giusta direzione sviluppando un piano strategico a lungo termine che rafforzi il Brand.


Finanziamento agevolato da Artigiancredito tramite il fondo Starter

Fondo Starter

Per le imprese dell’Emilia-Romagna nate da meno di 5 anni è possibile richiedere un finanziamento agevolato da Artigiancredito tramite il fondo Starter.
Il finanziamento copre gli interessi sul 70% di un mutuo di massimo 300mila euro, mentre le aziende di alcuni comuni (fra cui Ravenna, Imola e Modena) possono richiedere anche fino a 30mila euro a fondo perduto (max 30% della spesa).
Il bando copre spese in hardware, software, marketing, consulenze specialistiche, personale e perfino ristrutturazioni.

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Marketing Tribale. E se a guidare i brand fossero le tribù?

I brand vi osservano. Tanto. Ormai non vi sconvolge più sentirvelo dire.
Ma magari nessuno vi ha mai detto che, con ogni probabilità, almeno una volta nella vita digitale vi hanno sbirciato con lo stesso sguardo con cui un antropologo guarda una comunità indigena. Perché forse fate parte (o lo siete stati in passato o lo sarete) di una “webtribe” o “neotribù” o tribù postmoderna.
Benvenuti allora nel mondo del marketing tribale. Augh.

Ma ci vuole una breve premessa. “I mercati sono conversazioni” recita la prima delle 95 tesi del Cluetrain Manifesto del 1999, avviando la profetica riflessione sull’effetto di internet tra brand e consumatori. Ci troviamo in un mercato ormai interconnesso in cui bisogna re-immaginare il rapporto tra consumatore e brand alla luce di un ambiente, la rete, che ha caratteristiche conversazionali: TikTok, Istagram, Twitter, i fratelli maggiori forum ecc…, sono tutte piattaforme che rendono manifeste le conversazioni tra gli utenti. E su queste, affiancate all’analisi dei big data, si concentra l’ “etnografia digitale”.

I guru di questo settore sono Michel Maffesolì e Bernard Cova. I rispettivi studi hanno contribuito a creare un vero e proprio metodo per osservare le produzioni dal basso degli utenti, rintracciate all’interno di “costellazioni tribali”; è all’interno di questi raggruppamenti che si trovano quegli user generated content che diventano un vero e proprio tesoro per i brand.

Ma come individuarle? Prima di tutto bisogna distinguerle dalle tribù arcaiche. In sintesi, le neotribù sono un insieme di individui non omogeneo in cui i membri condividono valori e affinità nei progetti di consumo, svolgendo azioni individuali o collettive, pur avendo legami deboli gli uni con gli altri. Ma soprattutto, a differenza della forma classica, ogni membro può entrare e uscire liberamente, appartenendo a più tribù. Possono essere neotribù i tifosi di una squadra di calcio, gli appassionati di film di fantascienza a caccia dei dietro le quinte o gli “smanettoni” che non si perdono le ultime novità tecnologiche per demolirle o osannarle.

Quindi come si deve comportare un brand? Le fasi sono tre: rintracciare la tribe e ascoltarla, entrare in conversazione, restituire il valore creato dal contatto tra la tribe e il brand. Lo studio è articolato e complesso. Proprio come nelle tribù arcaiche, ci sono pratiche rituali: gli oggetti di culto, i costumi rituali, i luoghi di culto, le formule magiche, gli idoli e le icone. Ci sono tracce lasciate in luoghi d’incontro online e offline. Infine ci sono eventi che hanno una durata limitata nel tempo.

Quindi deve restituire il valore: c’è infatti un “valore di legame”, che consiste nelle potenzialità relazionali che un prodotto riesce a passare all’interno di un gruppo di individui e che è legato anche al valore dei contenuti ricavati dal dialogo instaurato con gli utenti. E’ questo che dev’essere incorporato nel nuovo prodotto messo in commercio dal brand. Insomma, le neotribù diventano un’opportunità per i brand, che possono individuarle e collocarvi al centro i propri prodotti, sfruttando la predisposizione delle persone a diffondere e condividere competenze, creazioni ed esperienze, aggregandosi.

Alcuni tra i brand più noti hanno riservato grande attenzione a questi fenomeni. E ci sono casi in cui una tribe si verticalizza su un unico prodotto, diventando a tutti i sensi una fandom e dando vita sui siti di social networking a vere e proprie comunità. Non ascoltarle può rivelarsi pericoloso. Non bisogna certo essere dei nerd per chiedersi come mai, anni fa, l’Algida ha reintrodotto il Winner Taco. Il ritiro dal mercato, pochi anni dopo il lancio, aveva portato alla nascita di una pagina Facebook, “Ridateci il Winner Taco”, con oltre 13mila like e una quantità di meme, commenti, fotomontaggi e frecciatine tale da neutralizzare le campagne ufficiali Algida. Qualche tempo dopo, il ritorno dell’amato gelato con tanto di pagine social dedicate e campagne di ambient marketing spinto, ha segnato la parziale riconciliazione con i fan. Parziale, perché non sono mancate le critiche sulle dimensioni troppo piccole del gelato in rapporto al costo.

Iniziate a capire? Rifletteteci un po’… a quante e quali tribù appartenete?


I 7 passi dello storytelling transmediale

Partiamo subito con una precisazione: seguire tutti e sette questi punti dello storytelling transmediale non vi trasformerà magicamente in cinture nere di storytelling. Semmai, vi aiuterà a distinguere fra chi lo fa bene, o almeno ci prova, e chi chiama così un comunicato stampa perché fa figo.
Ma che vuol dire “storytelling transmediale”? Il concetto lo si deve a Henry Jenkins, quello di Cultura Convergente, quello del MIT di Boston, quello della University of Southern California, quello ecc… E per transmedialità, in estrema sintesi, intende la fluidità dei contenuti in diversi media e attraverso forme diverse. Metteteci anche la narrazione, lo storytelling appunto, e avrete un ecosistema narrativo fatto di tanti racconti che creano una sorta di franchise o di serie tv. Solo che a differenza di “Modern Family”, le “puntate” diventano “pezzi”, cioè contenuti che assumono varie forme, video, testo, fumetto, gioco… che vengono spalmate in più canali creando un’esperienza coordinata e raggiungendo pubblici anche diversi.

E allora vediamoli questi 7 passi:
1. Spreadability e Drillability – Un contenuto dev’essere diffondibile, spalmabile, e scavabile. Deve invogliare il pubblico ad approfondire la storia scavando, appunto, nella sua profondità. Si punta cioè sulla capacità del pubblico di selezionare e condividere volontariamente i contenuti in maniera attiva, e non passiva come invece pensano tutti i fantomatici e poco credibili creatori di contenuti “virali”.

2. Continuità e molteplicità – E’ la coerenza del contenuto o di una serie di contenuti che appartengono allo stesso universo di riferimento. Avete presente l’universo Marvel? Ecco. Ma anche la possibilità che questo universo sfoci nella realtà. Un altro esempio: nella serie Breaking Bad, il sito internet che il figlio del protagonista crea per salvare il padre esiste davvero, così come il portale di Pied Piper, da Silicon Valley. La molteplicità invece è legata alla possibilità di contemplare versioni alternative che partono dallo stesso universo: e i fan in questo sono i numeri uno.

3. Immersione ed estraibilità – Date la possibilità al vostro pubblico di entrare nel mondo narrativo. Come? Pensate a Disneyland. E all’estremo opposto concedete e incentivate le pratiche di appropriazione di elementi del vostro mondo. Un esempio su tutti, i gadget.

4. Costruzione di mondi – Tout court, una mappa. Un universo in cui accadono cose, attraverso il quale le persone possono viaggiare e scoprire nuovi territori, nuovi personaggi, nuove storie. Qui il Mago di Oz ha fatto scuola. Insomma, prima create il mondo, poi i personaggi, gli eventi, le cose, e per ognuno create una storia.

5. Serialità – Sta alla base degli spin off, dei prequel, dei sequel. La serialità crea pezzi di storie avvincenti che rimandano le une alle altre, e le disperde nella storia complessiva. Insomma, fabula e intreccio trovano una nuova dimensione nella serie.

6. Soggettività – Un trucchetto per allargare i confini del vostro universo narrativo è quello di osservarlo dal punto di vista dei personaggi minori. Et voilà, da Breaking Bad nasce Better Call Soul (lo so, sono serie da boomer…).

7. Performance – Sta qui la possibilità lasciata ai fan di usare i contenuti e rielaborarli in maniera creativa con l’eventualità che vengano inglobati nell’universo narrativo. Jenkins distingue dunque tra cultural attractors, cioè elementi condivisi intorno ai quali si crea comunità, e cultural activators, cioè elementi che danno a una comunità qualcosa da fare. Ma se siete arrivati a leggere fin qui vi meritate un BRAVO e, per ora, questo dovrebbe bastare.


INNOVAZIONE TECNOLOGICA, NASCE IL CONSORZIO ROBIN

Robin – Romagna Business Innovators è un consorzio che riunisce alcune tra le migliori professionalità dell’area digitalformazionesistemistica finanza agevolata della Romagna. L’idea del progetto è nata da una considerazione tanto semplice quanto intelligente: “Nel nostro lavoro di tutti i giorni – spiega il direttore operativo Matteo Fiorellini – ci siamo resi conto che molte imprese, medio piccole ma anche più strutturate, fanno ancora fatica ad avviare processi di innovazione tecnologica. C’è un estremo bisogno di supportare queste realtà affinché siano in grado di introdurre processi virtuosi che, in futuro, si possono tradurre in migliori performance, ampliamento del mercato di riferimento e ottimizzazione dei costi”.

Il consorzio Robin è, di fatto, un’agenzia multiprofessionale che opera nei settori del web, del marketing, della comunicazione, dell’intelligence e della cybersecurity. Le società che ne fanno parte sono Sistemi, Simatica, Lhevo, Good Karma, Webhunt, Consulenti Privacy, Zal Telecomunicazioni, Dimedia e Orma Comunicazione. A livello operativo questa nuova realtà, guidata da Giulia Fortini (presidente, nella foto in gallery) e Matteo Fiorellini (direttore), si è dotato di project manager che hanno il compito di intercettare le esigenze delle imprese, costruire un progetto di innovazione aziendale e individuare le professionalità che, all’interno della rete, possono occuparsi della sua realizzazione. Con rapidità ed efficienza.

“Un ulteriore valore aggiunto della rete Robin è avere al nostro interno una società che si occupa di finanza agevolata e Pnrr – aggiunge Fiorellini -. In questo modo siamo in grado di fornire il piano di sviluppo ai nostri clienti e di farlo supportati da strumenti di finanza agevolata: in pratica creo innovazione nella tua azienda e lo faccio al minor costo possibile”.

Nelle prossime settimane Robin ha in programma alcuni incontri informativi sul territorio: il primo, che si svolgerà nella sede ravennate di Confcooperative Romagna che sin dall’inizio ha patrocinato il progetto, servirà per presentare il consorzio alle imprese del territorio e raccoglierne le esigenze, mentre i successivi webinar saranno dedicati a specifici argomenti.

Di seguito le nove società che hanno dato vita al consorzio Robin.

  • Sistemi srl: monitoraggio flussi di cassa e pianificazione finanziaria, analisi punti di forza e debolezza dell’azienda, azioni correttive.
  • Simatica srl: soluzioni informatiche e sistemistiche. Servizi di assistenza e sviluppo software. Business intelligence. Finanza agevolata.
  • Lhevo srl: strategie aziendali e di marketing. Sviluppo contenuti multimediali.
  • Good Karma srls: analisi, progettazione e management di soluzioni digitali complesse.
  • Webhunt srl: agenzia di comunicazione ed eventi.
  • Consulenti Privacy srl: consulenza privacy e servizi di Data Protection Officer.
  • Zal Telecomunicazioni srl: infrastrutture e telecomunicazioni.
  • Dimedia srls: multimedia e soluzioni tecnologiche innovative.
  • Orma Comunicazione soc. coop.: servizi editoriali, copy e ufficio stampa.

Fonte: https://www.confcooperativemiliaromagna.it/News/dai-Territori/ArtMID/420/ArticleID/1586/INNOVAZIONE-TECNOLOGICA-NASCE-IL-CONSORZIO-ROBIN