Bando internazionalizzazione
Bando Internazionalizzazione PMI e Consorzi
La regione ha stanziato 10 milioni di euro per progetti di internazionalizzazione.
Ogni impresa potrà ricevere fino a 60.000 euro a fondo perduto (consorzi fino a 150.000) a coprire il 50% delle spese fra l’invio della domanda ed il 31/12/24 in:
– Consulenza (Assessment, TEM/DEM, formazione per business on line)
– Marketing Digitale
– Materiale Promozionale
– Fiere internazionali in Italia o all’estero
– Incontri B2B collettivi internazionali
Per maggiori informazioni chiamaci 0544 1935217
Marketer vs Cookieless World
Con la fine dei dati sui cookie di terze parti, i professionisti del marketing dovranno fare i conti con un futuro di pubblicità consent-based.
Entro la fine di quest’anno, Google prevede di interrompere ufficialmente il supporto dei cookie di terze parti sul suo browser Chrome, ponendo fine a decenni di pubblicità mirata.
I markettari e i loro team devono quindi prepararsi ad un futuro di “cookieless advertising” e concentrarsi sulla pubblicità basata sui contenuti, come una volta. Ciò include la revisione di tutte le strategie digitali, il ripristino della misurazione e la rimodulazione dei budget.
“I Marketers dovranno aspettarsi un’interruzione sostanziale e prolungata della digital advertising.”
Probabilmente ci vorrà molto tempo prima che emerga un ambiente stabile che bilanci la pubblicità data-driven basata sugli standard a cui siamo abituati e la privacy degli utenti.
I responsabili dei budget pubblicitari, del media mix, della pianificazione e della misurazione dovranno adeguare le loro strategie mentre Google ricollega le sue data policies ed i prodotti pubblicitari in un contesto di nuove norme sulla privacy e dinamiche antitrust sempre più stringenti.
Disattivazione dei cookie di terze parti
I cookie di terze parti sono nati per archiviare in modo anonimo le informazioni sotto il controllo degli utenti finali, ma fin dall’inizio sono stati “sfruttati” dai provider per accumulare set di dati e fornire annunci altamente targettizzati.
Con la scomparsa dei cookie di terze parti, i dati pubblicitari e l’elaborazione di informazioni diminuiranno sensibilmente come disponibilità e qualità.
I processi di targeting, acquisto e ottimizzazione degli annunci saranno molto limitati, in particolare per le campagne di performance.
Le attuali pratiche di misurazione, attribuzione e ottimizzazione degli annunci diventeranno marginali o irrilevanti poiché le lacune nei dati dei cookie minano l’attribuzione e l’ottimizzazione, i test di incrementalità e il tracciamento cross device.
Google ha descritto la fine dei cookie di terze parti come un passo importante verso una maggiore privacy per i browser Web, e arriva sulla scia dell’aggiornamento iOS 14.5 di aprile 2021 di Apple, che presenta un nuovo protocollo di consenso chiamato App Tracking Transparency (ATT). L’ATT regola e limita il modo in cui le app e gli inserzionisti possono utilizzare dati identificabili in modo univoco come l’ID dispositivo per indirizzare, misurare e ottimizzare le campagne.
Per prepararti al meglio ai cambiamenti associati a un mondo senza cookie, come responsabile marketing dovresti:
#1: Aspettarti un’interruzione prolungata
Sviluppa una strategia per affrontare gli effetti a cascata dei cambiamenti di identità e privacy da parte di Google e Apple. Man mano che la raccolta dei dati sui cookie si interrompe, ci saranno ampie porzioni dell’universo digitale che saranno oscurate.
La sensazione sarà di lento declino mentre si è alle prese con un panorama di targeting degli annunci drasticamente diverso. Pianifica di apportare cambiamenti sostanziali ai media mix reinventando o indirizzando altrove la tua attuale spesa per i media.
#2: Ripensare le pratiche di misurazione
L’obsolescenza dei cookie aggraverà le sfide esistenti della misurazione degli annunci digitali, inclusi gli standard di trasparenza e interoperabilità e l’accuratezza dell’attribuzione, rendendone altri irrilevanti. Per prepararti ad un’era di infiniti AB test transmediali, utilizza insight e i signal cookieless, investi in ricerche di mercato e blocca le tue risorse chiave, anche quelle umane.
#3: Adattarti a un mondo di walled garden
Prendi confidenza con gli scenari del “walled garden world” (ecosistemi blindati che offrono sempre più servizi, come, guarda caso, Google) e di conseguenza assegna la priorità agli investimenti in capacità di media, tecnologia e analisi dati. Preparati ad allocare budget verso questi sistemi. Gestirai un numero crescente di acquisti diretti con piattaforme ed editori e meno pubblicità programmatica cross-publisher.
La sfida è appena cominciata… ARE YOU READY?
FOMO
“…Senti, ma che tipo di festa è, non è che alle dieci state tutti a ballare in girotondo, io sto buttato in un angolo, no…ah no: se si balla non vengo. No, no…allora non vengo. Che dici vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”
Ogni giorno, milioni di persone in tutto il mondo condividono sui social foto, video e pensieri sotto forma di Tweet o Story su Instagram. Per molti, controllare il proprio status online e la vita degli altri è diventata una vera e propria ossessione. Questa necessità spasmodica di essere costantemente connessi e di controllare quello che accade in propria assenza è ciò che si definisce FOMO.
La FOMO (acronimo in inglese per Fear Of Missing Out) è un disturbo d’ansia caratterizzato dalla paura di sentirsi sempre un passo indietro rispetto agli altri, al proprio gruppo di appartenenza. Una condizione che colpisce soprattutto i più giovani.
La necessità di controllare le vite degli altri spesso deriva dalla solitudine, dall’insicurezza e dall’insoddisfazione esistenziale. Si è portati a pensare che la vita altrui sia migliore e, osservandola, ci si proietta su un ideale che tanto si sogna e desidera.
Spesso però, nel tentativo di compensare le mancanze con i social, si cade in un circolo vizioso. Monitorare le attività degli influencer, vedere le loro foto di viaggi ed eventi da sogno, può far cadere in uno stato di solitudine e depressione ancora maggiore.
Ma la realtà è diversa da ciò che viene mostrato sui social network. Le foto vengono “costruite”, filtrate e mascherate, e vengono mostrati solo i momenti felici, le esperienze più divertenti e ciò che ci rende più interessanti agli occhi degli altri: “…sorridi in foto così li confonderai”, come dice Fabri Fibra in una sua hit.
In molti ora promuovono la JOMO, l’opposto della FOMO, ovvero “Joy of Missing Out“, “la gioia di essere tagliati fuori”. Si tratta di un invito a sconnettersi, a lasciare lo smartphone a casa, stando nel qui e ora, evitando di cedere alle distrazioni delle notifiche e delle news online.
JOMO però non vuole essere un banale invito a togliere dalla nostra vita lo smartphone o essere un semplice detox digitale, ma più un modo di vivere, un insieme di nuove abitudini per avere un migliore rapporto con la tecnologia, anche perché ciò che ci emoziona non è qualcosa che si può delegare a un’app del nostro iPhone.
e-commerce headless
Hai mai sentito parlare dell’e-commerce headless?
In un sito e-commerce tradizionale, il front-end (presentazione dell’ecommerce al pubblico, quindi schede, pagine dei prodotti) e il back-end (il motore vero e proprio della piattaforma) sono strettamente collegati e l’acquisto può essere effettuato solo sul sito dell’azienda. Questo significa che tutte le attività di marketing devono essere incentrate su un funnel che accompagna il cliente unicamente verso il sito web istituzionale, dove potrà finalmente completare l’acquisto. A meno che il prodotto non sia venduto su un marketplace.
Tuttavia, le soluzioni headless stanno rivoluzionando il modo di gestire gli e-commerce. Separando i due aspetti e rendendoli indipendenti, è possibile gestire in modo flessibile e intuitivo sia il front-end che la user experience. Inoltre, il canale di vendita del prodotto può essere gestito indipendentemente dal back-end e il cliente può acquistare su qualsiasi touchpoint abilitato, senza la necessità di completare l’acquisto sul sito dell’azienda.
Quindi? Quali sono i vantaggi dell’headless commerce per i proprietari di ecommerce?
– Flessibilità: è possibile scegliere la piattaforma che si preferisce, lavorando con qualunque tipo di front end (CMS, DXP, ecc).
– Aumento del tasso di conversione: una user experience fluida e dinamica moltiplica le conversioni, e quindi i fatturati.
– Resilienza: con l’headless commerce, i brand possono lanciare nuovi prodotti e reagire rapidamente ai nuovi trend del mercato senza enormi costi di sviluppo.
…e per i clienti?
Esperienza omnichannel: l’headless commerce può avvenire su un’app, su un dispositivo connesso a internet come uno smartwatch, tramite il voice shopping (Alexa ad esempio) e molto altro ancora. In questo modo offre ai clienti un’esperienza omnichannel completa.
Bando Fiere
Apre il “Bando Fiere” della Regione Emilia-Romagna 2023, che finanzia fiere sia in Italia che all’estero.
Quest’anno ci sono due importanti novità:
1. La quota a fondo perduto sale a 25.000 euro e copre il 70% delle spese
2. L’invio non è un click day ma è a graduatoria.
L’apertura dello sportello d’invio è dal 16 marzo a 18 aprile
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Fondo Nuove Competenze
È stato prorogato il Fondo Nuove Competenze. Oltre 1 miliardo di fondi a livello italiano sono stati messi a disposizione per coprire i costi dei dipendenti fra il 60% ed il 100% durante i percorsi formativi. Robin fornisce formazione specializzata in cyber security, digital marketing, business intelligence, data analytics, e tantissimi temi 4.0
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Incredibile? No, solo “Marketing non Convenzionale”
Cosa ci fa una boccetta di smalto gigantesca sul marciapiedi del centro?
E quell’autobus stritolato da un pitone nel traffico dell’ora di punta? Se improvvisamente, mentre camminate tranquilli per le strade della vostra città, vi sbuca davanti un elemento nuovo, inatteso e piuttosto decontestualizzato, molto probabilmente siete in presenza di un’azione di Marketing non Convenzionale!
Questa espressione è stata coniata nel 2004 per definire un nuovo tipo di approccio al marketing: l’assunto era che dopo anni di pubblicità sui mass media l’attenzione del pubblico fosse irrimediabilmente scemata e che bisognasse cercare modi nuovi, non convenzionali appunto, per tornare a suscitare interesse verso le aziende e i loro prodotti. Ne è nata una strategia pubblicitaria del tutto nuova, coinvolgente, spesso divertente e certamente molto più efficace delle strategie del passato, che viene declinata in molti modi e che viene usata moltissimo anche dagli attivisti per importanti cause sociali con ottimi risultati!
Di seguito una piccola carrellata di idee di marketing non convenzionale, che, con le dovute proporzioni, possono essere alla portata di tutti!
Guerrilla marketing: Alla fine degli anni novanta venne data notizia del ritrovamento, in una foresta del Maryland, di alcune registrazioni realizzate da quattro cineasti scomparsi nel 1994. La notizia si diffuse a macchia d’olio rimbalzando sui siti internet di mezzo mondo. Poco tempo dopo nelle sale cinematografiche uscì il film The Blair Witch Project. La notizia del ritrovamento risultò essere così una delle prime campagne di Guerrilla Marketing mai realizzate!
Gli strumenti del Guerrilla Marketing sono: pochi soldi e molta creatività per colpire l’immaginario del pubblico.
Ambient marketing: Il Colosseo ricostruito nella stazione Termini con le bottiglie di Heineken o il nastro trasportatore dei bagagli all’aeroporto di Venezia trasformato in una gigantesca roulette sono due esempi di questa strategia che sfrutta gli spazi e le “installazioni” per veicolare messaggi, prodotti, suggestioni.
Fake marketing: Nel 2011 è stata lanciata su internet una campagna che promuoveva un fantomatico prodotto spray orale, Rednoze, che avrebbe aggirato il test dell’etilometro, dando dei falsi negativi. La campagna si auto-smascherava dopo alcuni passaggi dell’utente andando a sensibilizzare i consumatori di alcool sui pericoli dell’elusione e dei mancati controlli. Questo è un bell’esempio di fake marketing: una strategia di comunicazione che gioca su notizie false ma eclatanti per suscitare l’interesse del pubblico e replicarsi viralmente.
Body marketing: Comprende tutte quelle tecniche, dal tatuaggio al body painting, dalla body art al piercing che utilizzate dalle aziende su personaggi famosi e non diffondono l’immagine del brand. Es: nel 2010 la Pepsi dipinse sui corpi dei calciatori più forti del mondo per veicolare i valori del marchio.
Street marketing: Se in stazione all’ora di punta vedete i viaggiatori trasformarsi improvvisamente in ballerini e cantanti e intonare a passo di danza “Singing in the rain”, molto probabilmente state assistendo ad una performance di Street Marketing. Questa strategia di promozione ricorre a luoghi ad alta concentrazione di pubblico, a performance dal vivo e ad un coinvolgimento diretto del pubblico per presentare prodotti, servizi, spettacoli o attirare l’attenzione su cause di pubblico interesse.
Stickering: Li avrete sicuramente notati in giro: tanti piccoli adesivi colorati appiccicati nei luoghi più disparati con il nome di un brand o di un’associazione. Si tratta della strategia dello stickering, oggi molto usata anche da artisti e attivisti.
Bagvertising: Per Bagvertising si intende la trasformazione delle shopping bag e delle normali buste della spesa in veicoli pubblicitari, personalizzandole e rendendole divertenti e sorprendenti.
T-shirt marketing: Questa strategia prevede la personalizzazione delle t-shirt con l’immagine e il logo del brand, spesso uniti a frasi ad effetto.
Packaging marketing: La trasformazione della confezione di un prodotto fino a farla diventare un oggetto ludico, particolarmente bello, utile o da collezione.
VR marketing: Questa è sicuramente la soluzione più immediata per chiunque voglia offrire un’esperienza d’acquisto completa ad un target più ampio possibile. In questo caso, la realtà aumentata infatti va ad aggiungere elementi digitali al mondo reale. Per sfruttare queste tecnologie è sufficiente che il potenziale cliente abbia uno smartphone o un tablet e una connessione dati. Questo – va da sé – la rende estremamente trasversale e accessibile.
Intelligenza artificiale e SEO
La sfida dei SEO marketer vs intelligenza artificiale.
I content manager spesso faticano a tenere il passo con l’algoritmo di Google, la differenza tra vincere e perdere la partita della SEO è minima, e questo rende la search engine optimization una vera sfida.
Le persone si affidano ai motori di ricerca per trovare i contenuti che desiderano, e le pagine web che si posizionano ai primi posti nella SERP per una parola chiave possono rendere le aziende molto più competitive sul mercato.
Le principali sfide di SEO che i marketer dovranno affrontare nel 2023 sono inevitabilmente con i cambiamenti dell’algoritmo di Google e con l’intelligenza artificiale.
Google modifica il suo algoritmo di ricerca più volte all’anno, il che può influire sul traffico verso i siti. I cambiamenti di solito premiano i contenuti di qualità pertinenti alle keywords. Tuttavia, l’algoritmo valuta molte altre variabili, e gli specialisti faticano a tenere il passo con i cambiamenti.
“Nel 2022, abbiamo visto una diminuzione del 20% del traffico organico su tutti i nostri clienti, il che è un po’ preoccupante”, ha detto Gracie DeSantis, inbound marketing specialist di Vye. “È come se ci chiedessimo: ‘È colpa nostra o dei cambiamenti del famigerato algoritmo?’
I team di marketing non possono controllare il software di Google, ma possono gestire le risposte ai cambiamenti.
Recentemente, il guru del SEO Neil Patel, ha spiegato che gli algoritmi di Google favoriscono i marchi consolidati, e pertanto i marketer dovrebbero considerare la costruzione del marchio come una strategia di SEO.
Intelligenza Artificiale
Quasi ogni settore utilizza l’Intelligenza Artificiale in qualche modo e il marketing non fa eccezione. Anche se gli strumenti SEO alimentati dall’AI possono aiutare i marketer a trovare keywords vincenti, spesso faticano a produrre da soli contenuti credibili graditi da Google.
“Al momento è difficile far scrivere un intero articolo all’AI, perché la tecnologia non è ancora pronta”, ha detto Dale Bertrand, fondatore di Fire&Spark. “Siamo certi però che andrà nella direzione sbagliata”.
Nonostante la sua incapacità di scrivere post realistici, l’Intelligenza Artificiale può comunque aiutare i copy a creare contenuti. Ad esempio, può generare tag, titoli, sottotitoli e altri elementi SEO che i writer possono modificare, aggiungere e sviluppare.
“In passato, quando scrivevo un articolo, sceglievo una parola chiave, poi scrivevo l’articolo”, ha detto Bertrand. “Ora, lancio uno strumento come ChatGPT con una parola chiave e interagendo con lui, ottengo un contenuto completo. Dovrò solo fare qualche modifica ed il gioco è fatto”.
Contenuti di alta qualità e brand awareness. Gli strumenti di intelligenza artificiale possono aiutare a semplificare il processo di creazione di contenuti, ma i marketer devono indirizzarli nella giusta direzione sviluppando un piano strategico a lungo termine che rafforzi il Brand.
Fondo Starter
Per le imprese dell’Emilia-Romagna nate da meno di 5 anni è possibile richiedere un finanziamento agevolato da Artigiancredito tramite il fondo Starter.
Il finanziamento copre gli interessi sul 70% di un mutuo di massimo 300mila euro, mentre le aziende di alcuni comuni (fra cui Ravenna, Imola e Modena) possono richiedere anche fino a 30mila euro a fondo perduto (max 30% della spesa).
Il bando copre spese in hardware, software, marketing, consulenze specialistiche, personale e perfino ristrutturazioni.
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Marketing Tribale. E se a guidare i brand fossero le tribù?
I brand vi osservano. Tanto. Ormai non vi sconvolge più sentirvelo dire.
Ma magari nessuno vi ha mai detto che, con ogni probabilità, almeno una volta nella vita digitale vi hanno sbirciato con lo stesso sguardo con cui un antropologo guarda una comunità indigena. Perché forse fate parte (o lo siete stati in passato o lo sarete) di una “webtribe” o “neotribù” o tribù postmoderna.
Benvenuti allora nel mondo del marketing tribale. Augh.
Ma ci vuole una breve premessa. “I mercati sono conversazioni” recita la prima delle 95 tesi del Cluetrain Manifesto del 1999, avviando la profetica riflessione sull’effetto di internet tra brand e consumatori. Ci troviamo in un mercato ormai interconnesso in cui bisogna re-immaginare il rapporto tra consumatore e brand alla luce di un ambiente, la rete, che ha caratteristiche conversazionali: TikTok, Istagram, Twitter, i fratelli maggiori forum ecc…, sono tutte piattaforme che rendono manifeste le conversazioni tra gli utenti. E su queste, affiancate all’analisi dei big data, si concentra l’ “etnografia digitale”.
I guru di questo settore sono Michel Maffesolì e Bernard Cova. I rispettivi studi hanno contribuito a creare un vero e proprio metodo per osservare le produzioni dal basso degli utenti, rintracciate all’interno di “costellazioni tribali”; è all’interno di questi raggruppamenti che si trovano quegli user generated content che diventano un vero e proprio tesoro per i brand.
Ma come individuarle? Prima di tutto bisogna distinguerle dalle tribù arcaiche. In sintesi, le neotribù sono un insieme di individui non omogeneo in cui i membri condividono valori e affinità nei progetti di consumo, svolgendo azioni individuali o collettive, pur avendo legami deboli gli uni con gli altri. Ma soprattutto, a differenza della forma classica, ogni membro può entrare e uscire liberamente, appartenendo a più tribù. Possono essere neotribù i tifosi di una squadra di calcio, gli appassionati di film di fantascienza a caccia dei dietro le quinte o gli “smanettoni” che non si perdono le ultime novità tecnologiche per demolirle o osannarle.
Quindi come si deve comportare un brand? Le fasi sono tre: rintracciare la tribe e ascoltarla, entrare in conversazione, restituire il valore creato dal contatto tra la tribe e il brand. Lo studio è articolato e complesso. Proprio come nelle tribù arcaiche, ci sono pratiche rituali: gli oggetti di culto, i costumi rituali, i luoghi di culto, le formule magiche, gli idoli e le icone. Ci sono tracce lasciate in luoghi d’incontro online e offline. Infine ci sono eventi che hanno una durata limitata nel tempo.
Quindi deve restituire il valore: c’è infatti un “valore di legame”, che consiste nelle potenzialità relazionali che un prodotto riesce a passare all’interno di un gruppo di individui e che è legato anche al valore dei contenuti ricavati dal dialogo instaurato con gli utenti. E’ questo che dev’essere incorporato nel nuovo prodotto messo in commercio dal brand. Insomma, le neotribù diventano un’opportunità per i brand, che possono individuarle e collocarvi al centro i propri prodotti, sfruttando la predisposizione delle persone a diffondere e condividere competenze, creazioni ed esperienze, aggregandosi.
Alcuni tra i brand più noti hanno riservato grande attenzione a questi fenomeni. E ci sono casi in cui una tribe si verticalizza su un unico prodotto, diventando a tutti i sensi una fandom e dando vita sui siti di social networking a vere e proprie comunità. Non ascoltarle può rivelarsi pericoloso. Non bisogna certo essere dei nerd per chiedersi come mai, anni fa, l’Algida ha reintrodotto il Winner Taco. Il ritiro dal mercato, pochi anni dopo il lancio, aveva portato alla nascita di una pagina Facebook, “Ridateci il Winner Taco”, con oltre 13mila like e una quantità di meme, commenti, fotomontaggi e frecciatine tale da neutralizzare le campagne ufficiali Algida. Qualche tempo dopo, il ritorno dell’amato gelato con tanto di pagine social dedicate e campagne di ambient marketing spinto, ha segnato la parziale riconciliazione con i fan. Parziale, perché non sono mancate le critiche sulle dimensioni troppo piccole del gelato in rapporto al costo.
Iniziate a capire? Rifletteteci un po’… a quante e quali tribù appartenete?